24 Nov 10 indizi per riconoscere un bravo/ una brava psicoterapeuta
Molte volte mi capita di rispondere alle richieste di amici e conoscenti con il beneficio del dubbio circa la competenza e la bravura del collega o della collega con cui fanno psicoterapia.
Da qui la mia esigenza di stilare un breve elenco di fattori, la cui qualità può determinare il peso professionale degli psicologi e degli psicoterapeuti.
1. DISPONIBILITA’
Se uno psicologo o uno psicoterapeuta eccedesse in disponibilità di tempo, della serie “a qualunque giorno e a qualunque ora”, io mi preoccuperei. Essere flessibili alle esigenze dei pazienti è cosa buona e giusta, ma se tutta l’agenda è a disposizione qualche domanda me la farei. Ammetto pure, però, che, al contrario, io patisco un pò quando non riesco a trovare un orario e un giorno comodo per i nuovi pazienti, per via degli appuntamenti serrati che inondano la mia agenda;
2. SETTING
Accogliere un paziente in uno spazio riservato, silenzioso, discreto e accogliente rende peculiare l’esercizio della psicologia e della psicoterapia, senza trascurare gli aspetti che costituiscono l’ABC valido per qualunque contesto professionale, quali la pulizia, la sicurezza e la funzionalità. Personalmente, gradisco molto la personalizzazione dei luoghi lavorativi, per cui apprezzo i setting di facile identificazione per gli accessori e i complementi di arredo che li rendono unici. Per esempio, chi frequenta il mio studio nota facilmente il mio amore per l’aggiornamento professionale (mensole gremite di libri e manuali), per l’essere umano (oggettistica che riproduce aspetti), per l’ordine (spazi distinti per lavorare autonomamente e per fare terapia) e la cura che ho per i pazienti (divanetti spazioso, temperatura sempre monitorata, fazzolettini a portata di mano);
3. SPIEGAZIONI
Poichè un elemento immancabile nella mia pratica clinica è il monitoraggio e l’esternazione dei livelli di consapevolezza vissuti dai pazienti durante tutto il percorso, credo che saper offrire chiaramente il quadro complessivo delle relazioni di causa ed effetto che determinano gli stati di disagio e del benessere dei pazienti sia un dovere a cui il professionista della mente non dovrebbe sottrarsi. Avere contezza del perchè del funzionamento cognitivo in una determinata modalità, piuttosto che esprimere i principi teorici che giustificano le scelte terapeutiche, spesso costituiscono, infatti, dei catalizzatori della remissione sintomatologica;
4. COMUNICAZIONE NON VERBALE
Ci sono approcci terapeutici in cui il turno di parola rasenta quasi lo zero, poichè al terapeuta (o meglio allo psicoanalista) viene tributato il compito di ascoltare e ridurre al minimo l’interazione verbale. In questi casi, più che mai, padroneggiare l’uso dello sguardo, la posizione prossemica e la gestualità possono risultare indispensabili per far sentire accolto ed ascoltato il paziente. Nell’approccio cognitivo- comportamentale, il mio, che si avvale anche della disputa socratica per attuare la tecnica della ristrutturazione cognitiva, per esempio, dosare il sorriso può risultare indispensabile per rimandare al paziente il concetto che non è in atto una partita di tennis verbale, dove vince chi insiste di più;
5. GARANZIE
Ribadire concetti quali quelli della privacy, della deontologia e del segreto professionale, nonchè della sicurezza del contesto in cui la terapia si svolge, rende il setting più efficace e conforta il paziente circa l’opportunità di trovarsi in un luogo fisico in cui può dire e sentire liberamente, senza resistenza alcuna;
6. DEONTOLOGIA
Esiste un codice deontologico per gli psicologi e gli psicoterapeuti, disponibile pubblicamente sul sito dell’Ordine degli Psicologi (sia regionali che nazionale). Ebbene, riferire al paziente della sua esistenza e accessibilità può essere considerato un elemento di trasparenza e di adeguatezza deontologica non indifferente, poichè fornisce un quadro di quello che è consentito, previsto e vietato durante un percorso psicologico. Analogamente, per esempio, astenersi dal dispensare consigli, richiedere un onorario adeguato (secondo quanto previsto proprio dallo stesso Codice deontologico) aumentano l’aderenza dello specialista alla sua deontologia professionale;
7. LINGUAGGIO
Lavorare con gli adolescenti mi porta spesso a conoscere un lessico gergale che talvolta ripropongo in famiglia suscitando espressioni di sorpresa. Quello che bisogna scongiurare è che si verifichi l’esatto contrario. E’ davvero importante, infatti, possedere la capacità di adeguare il proprio linguaggio al destinatario dello stesso. quindi, sì all’adozione delle espressioni quali “scialla” e “accanna” quando si lavora con gli adolescenti, assolutamente bocciato l’uso di terminologia aulica con pazienti di limitata padronanza verbale e di espressioni tecniche di dubbia comprensione per i non addetti ai lavori;
8. REGOLE
Anche gli psicologi e gli psicoterapeuti hanno delle regole. Alcune sono esclusive e altre sono condivise con il paziente. Di questa ultima fattispecie fanno parte tutte quelle prescrizioni che tutelano la qualità del setting e della relazione terapeutica. Ne fanno parte il rispetto degli appuntamenti (vi piacerebbe se il vostro terapeuta cambiasse ripetutamente giorno e ora dell’appuntamento?), dei ruoli (la relazione terapeutica esclude qualunque altra tipologia di relazione) e, soprattutto, della verità (nessuna finalità terapeuta può giustificare una menzogna da parte di una dei soggetti interessati). Personalmente, reputo molto funzionale includere queste regole nel consenso informato che sottopongo al paziente all’inizio del percorso terapeutico;
9. FEEDBACK
Quando ho scoperto che molti colleghi non offrono un feedback sugli esiti dei test psicodiagnostici ai diretti interessati ci sono rimasta parecchio male. Per me non è una perdita di tempo, ma piuttosto è il riconoscimento del diritto del paziente di conoscere la fotografia emersa dall’indagine psicometrica. Condividere i dati evinti dall’interpretazione della testistica, infatti, favorisce l’interiorizzazione degli obiettivi terapeutici e dei risultati, in termini di cambiamento, che si vuole raggiungere;
10 INTESA
Gli psicologi e gli psicoterapeuti sono umani tanto quanto i loro pazienti e chi lo negasse dovrebbe essere radiato dall’albo. Premesso ciò, è altrettanto umano sentire e provare empatia maggiore per alcuni utenti piuttosto che per altri. Accettare un vissuto emotivo di sgradevolezza, disagio o fastidio rispetto a un potenziale paziente costituisce, a mio avviso, un grande gesto di maturità, professionalità e umanità. Esiste, infatti, la possibilità di effettuare un invio del soggetto con cui non si entra in sintonia a un collega, trovando il più deontologicamente corretto modo di consigliare la consultazione di un altro specialista. Molti colleghi, per esempio, riconoscono di avere difficoltà nel lavoro con i bambini al pari di me, che non lavoro con i pazienti in età senile.