01 Lug I RISCHI DEL DIVENTARE SECONDOGENITO
L’arrivo del secondo figlio è sicuramente un’occasione di gioia che merita entusiasmo e slancio. I genitori hanno le loro incombenze da gestire, grossomodo le stesse che hanno conosciuto con il primo figlio. Ma diventare fratello o sorella è ben altra cosa.
L’età in cui si aggiunge al ruolo di figlio quello di fratello o di sorella fa certamente la differenza, ma la costante è che nuovi pensieri inevitabilmente vengono formulati. Quindi, se l’età può influenzarne la connotazione, positiva o negativa, il dato di fatto è che a livello cognitivo la nascita di un bebè produce dei cambiamenti immediati, sin dall’apprendimento della notizia del suo arrivo.
I fratelli e le sorelle più piccole hanno maggiori probabilità di entrare in contatto con pensieri irrazionali, del tipo polarizzato “tutto o niente”. Questa tipologia cognitiva espone i primi figli a supposizioni della tipologia seguente:
Ci sono delle fasce di età durante le quali il cervello non ha ancora maturato quelle aree che favoriscono una razionalizzazione tale per cui si possono cogliere sfumature degli eventi che stanno per verificarsi. I bambini affrontano questa fase della vita sentendosi molto spesso responsabili delle situazioni di cui invece non sono protagonisti (es. Bambino di 5 anni: “I miei genitori si sono separati perchè io li facevo arrabbiare sempre“). In questi casi, la risposta compensatoria li porta ad assumere condotte riparative caratterizzate da estremizzazioni idealizzate (es. Bambino di 6 anni: “Devo proteggere mio fratello dal buio della notte!“). L’emozione conseguente è una forte paura di non essere all’altezza della situazione, di risultare inadeguato, al punto da compromettere il valore che gli viene attribuito dai genitori, tanto da rischiare di perdere il loro amore. Questi sono i presupposti della prima esperienze di lutto in età evolutiva, durante la quale il bambino perde la certezza che mamma e papà lo ameranno sempre e insorge il pericoloso innesco di un nuovo pensiero doloroso: “Sono vulnerabile”, quale conseguenza della perdita potenziale della protezione genitoriale e quindi del proprio porto sicuro, ormai non più garantito.
Ancora una volta sta agli adulti l’onere di prevenire l’insorgenza, ma soprattutto il consolidamento, di questi pensieri estremi. Gestire i timori più sconvolgenti dei figli, una volta insorti, con una ristrutturazione, e prevenirne la proliferazione, con una comunicazione efficace della novità familiare, sono certamente due momenti cruciali nella vita di ogni famiglia.
Ecco perchè i genitori hanno il dovere morale di conoscere i propri bambini nel loro profondo, in modo da poterli accompagnare in maniera opportuna nella loro crescita, in special modo durante quei momenti cruciali in cui si acquisiscono nuovi ruoli familiari e sociali.