30 Giu IL VALORE DELL’ESEMPIO
Assistere alle condotte altrui, notare l’espressione emotiva di chi ci sta accanto e cogliere i pensieri che inducono le persone ad essere quello che appaiono significa essere esposti a stimoli che, previa valutazione strettamente personale, possono condizionare le scelte individuali, in termini di assunzione di determinati comportamenti replicabili, modalità di esternazione delle proprie emozioni e strutturazione di schemi cognitivi che sono alla base delle credenze che caratterizzano il singolo.
Ma cosa succede quando si è esposti a quanto sopra descritto? Si assiste a un momento di puro apprendimento vicario, per osservazione.
Dunque, ingenuamente spesso capita di sentire dire che un comportamento è stato reiterato “perchè lo vedeva fare”. Ebbene, il link non è così immediato, poichè intervengono molte dinamiche a filtrare il valore degli stimoli a cui si è esposti e che vengono rielaborati e riadattati, secondo lo schema seguente:
I destinatari privilegiati dell’effetto dell’esempio sono i bambini.
In base a quante volte sono esposti a una certa condizione comportamentale, emotiva o cognitiva, alla possibilità che hanno di mettere nuovamente in atto ciò che hanno osservato e alla gratificazione o frustrazione che esso produce, i bambini scelgono, più o meno consalpevolmente, di replicare l’esempio ricevuto.
Spesso il livello di gratificazione o di frustrazione dipendono dall’attore protagonista dell’esempio, del livello di ammirazione che suscita e dall’affetto che si nutre nei suoi confronti.
Quello che si può osservare di conseguenza è una fedele ripetizione o il suo rifiuto più totale, fino all’esatta replica ma in senso contrario, di ciò che si è appreso o il suo adattamento, nel rispetto delle proprie caratteristiche personali.